Vola colomba è una canzone di cui la musica è stata composta da Carlo Concina e le parole scritte da Bixio Cherubini. Questa opera, superbamente interpretata per Nilla Pizzi, ottenne il festival di San Remo in 1952.
Fu un successo, particolarmente a causa della presenza nel testo, di riferimenti al ritorno di Trieste all'Italia, come "inginocchiato a San Giusto", "lasciavamo il cantiere", Trieste che è la sede di cantieri navali, e "il mio vecio" per indicare il Padre.
Ma durante gli anni 1950 e 1960, i compagni muratori italiani che lavorano sui cantieri di edificio in Francia la riprendevano a conto loro cantandola in coro, a due o tre voci, e senza lasciare la cazzuola, esercizio che solo gli italiani sanno compiere con talento...
Nel 1957, Tino Rossi ne gli fece anche, una molto bella interpretazione, su delle parole francesi scritte per Jacques Larue.
Dio del ciel se fossi una colomba
vorrei volare laggiù dov'è il mio amor,
che inginocchiata a San Giusto
prega con l'animo mesto:
Fá che il mio amore torni, ma torni presto.
Vola, colomba bianca, vola,
diglielo tu che tornerò.
Dille che non sarà più sola
e che mai più la lascerò.
Fummo felici uniti e ci han divisi,
ci sorrideva il sole, il cielo e il mar.
Noi lasciavamo il cantiere
lieti del nostro lavoro
e il campanon din don ci faceva il coro.
Vola, colomba bianca, vola,
diglielo tu che tornerò.
Dille che non sarà più sola
e che mai più la lascerò.
Tutte le sere m'addormento triste
e nei miei sogni piango e invoco te.
Pure el mi vecio te sogna
pensa alle pene sofferte
piange e nasconde il viso tra le coperte.
Vola, colomba bianca, vola,
diglielo tu che tornerò.
Dille che non sarà più sola
e che mai più la lascerò (bis).